I GRUPPI OTTICI CITROËN: DESIGN E TECNOLOGIA, RICONOSCIBILI AL PRIMO SGUARDO

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Da sempre l’uomo è alla ricerca di soluzioni sempre più innovative, al passo con i tempi, per effettuare i propri spostamenti.

 

All’epoca dell’invenzione della ruota, per spostare cose e persone, l’uomo ha impiegato carri trainati da buoi, muli o cavalli.

Dai primi carri in Mesopotamia, databili attorno al 3000 a.C., sino alle eleganti carrozze europee dell’Ottocento, i progettisti di questi veicoli si sono trovati davanti un duplice problema: vedere e farsi vedere dopo il tramonto del sole, ovvero illuminare la strada. Se con i buoi il problema era relativo, data la bassa velocità di marcia, già con le carrozze trainate da cavalli la faccenda s’è fatta più complicata.

 

Così, alla fine dell’Ottocento le candele e le torce avevano lasciato il posto a lanterne ad olio e ai primi impianti di illuminazione a carburo, nettamente più potenti delle candele ma anche più pericolosi nell’utilizzo, viste le alte temperature e la volatilità del gas. Inoltre, l’accensione dei fari comportava la necessità di fermarsi e… accendere (letteralmente) la fiamma che avrebbe poi illuminata la via. Pas facile, direbbero i francesi.

 

Con l’arrivo delle prime automobili, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, i problemi dei costruttori in merito all’illuminazione rimasero gli stessi: se (finalmente) l’uomo non aveva più bisogno di animali per spostarsi, non aveva però aumentato la velocità e così lanterne e bombole di carburo facevano ancora egregiamente il loro lavoro.

 

Ma il ‘900 portava con sé il mito della velocità e le automobili accelerarono rapidamente. Molto rapidamente, se si considera che la velocità massima delle auto, che per trent’anni era rimasta confrontabile con quella del cavallo, nel 1899 superava i 100 chilometri orari, grazie alla “Jamais Contente”, a trazione elettrica!

 

Così l’automobile correva sempre di più e quando la Prima Guerra Mondiale finì, nel 1919, ad un innovatore del calibro di André Citroën sembrò del tutto normale essere il primo in Europa a presentare una vettura costruita in catena di montaggio, dotata di serie di una fiammante coppia di fari… elettrici! Era la 10 HP. “Caro signore”, dicevano i venditori di Citroën, “con la sua nuova 10HP le sarà sufficiente girare un interruttore e magicamente vedrà davanti a sé anche nel buio più buio!”.

 

Qualche anno dopo, l’azienda che porta il nome di André Citroën si trovò di nuovo ad affrontare la questione della trazione effettuata tramite animali: in molte aree rurali d’Europa (inclusa la regione francese dell’Alvernia, da dove proveniva Boulanger, l’allora Direttore Generale di Citroën) alla metà degli anni ’30 l’automobile non aveva ancora soppiantato i cavalli. Anzi, in molte aree non c’erano neppure le strade e Citroën pensò fosse arrivato il momento di dare a queste persone una nuova vettura pensata per i loro bisogni.

 

Fu così che nel ’36 prese il via progetto che avrebbe portato alla Citroën 2CV e siccome non c’era scritto da nessuna parte che i fari anteriori dovevano essere due e bisognava che l’auto costasse il meno possibile, la TPV (come si chiamava allora) di fari ne aveva uno solo, bello grande, sospeso sopra al lato destro del cofano anteriore. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, al Salone di Parigi del 1948 la 2CV debuttò col suo aspetto definitivo e di fari ne aveva ovviamente due, con una peculiarità: visto che la 2CV era dotata di una sospensione molto morbida (era pensata per funzionare anche in mancanza della strada) ed era nata per portare patate, contadini e barilotti di vino (oltre alle uova!), era facile variare l’inclinazione dell’auto spostando il carico tra i sedili ed il bagagliaio, modificando così la portata del fascio luminoso. Mais pas de problème! La 2CV disponeva di una manetta interna che poteva modificare la portata dei fari senza che il conducente dovesse muoversi dal posto di guida, secondo quella filosofia speciale alla base del progetto della vettura: nulla è più sofisticato della semplicità!

 

Poi fu la volta della Dea delle automobili, la DS19, che nel ’67, dodici anni dopo il suo lancio, ebbe in dono un nuovo volto che includeva quattro meravigliosi fari carenati sotto uno schermo di vetro. I due fari più interni giravano sul loro asse verticale seguendo i movimenti dello sterzo, i due più esterni, basculanti, seguivano l’andamento delle oscillazioni del corpo vettura, adattando dinamicamente la loro portata ad ogni movimento della DS. L’esperienza fu estesa alla grande Coupé SM, presentata nel 1970 che di fari anteriori ne aveva addirittura sei.

 

Poi fu la crisi petrolifera. Nel 1974, Citroën lanciò la sua nuova berlina CX, che, come si percepisce dal suo nome, faceva dell’aerodinamica la sua carta principale. L’ottima profilatura e l’adozione di motori modernissimi (la CX fu a lungo l’auto Diesel di serie più veloce al mondo) garantirono alla grande berlina francese consumi ridotti. Per arrivare a questi risultati, Citroën progettò dei fari trapezoidali che si integravano perfettamente nel profilo della vettura, garantendo allo stesso tempo ottime prestazioni e ridotta resistenza all’avanzamento. I fari aerodinamici della CX furono prodotti sino al 1991, anche nella versione a “quattro luci” che integrava i proiettori di profondità.

 

Due anni prima, nel 1989, con la nuova ammiraglia XM, Citroën aveva introdotto dei nuovi fari molto bassi, perfettamente integrati nel frontale della vettura, che, grazie a parabole ellittiche espressamente progettate da Valeo, offrivano una resa del 45% superiore a proiettori tradizionali di analoga superficie.

 

Passando a tempi più recenti, la gamma moderna ha avuto una forte innovazione con C4 Cactus che, nel 2014, ha inaugurato un nuovo design con una firma luminosa tecnologica ed esclusiva, caratterizzata da fari a LED diurni.

A questa, si è aggiunta la funzione Cornering Light che, in funzione dell’angolo di curvatura dello sterzo, è in grado di apportare un fascio di luce supplementare nella parte interna della curva aumentando la visibilità e la sicurezza.

 

Poi nel 2016, C3 ha inaugurato la nuova firma luminosa su più livelli, un vero segno identificativo di appartenenza a Citroën che solleva lo sguardo dell’auto e rafforza la percezione di altezza del cofano. Gli Chevron, con il doppio profilo cromato, arrivano fino alle luci a LED, a sottolineare tutta l’ampiezza dell’auto. Il design dei fari è arrotondato e tecnologico. I fendinebbia prevedono un profilo colorato, per un tocco di freschezza. Anche i fari posteriori 3D sono un’identità unica e tecnologica.

 

Fino ad arrivare al modello più recente, SUV Citroën C5 Aircross dal frontale, ampio e imponente, che riprende perfettamente l’identità stilistica di Citroën, con gli “chevron” e la firma luminosa full LED su due livelli, posizionati sulla calandra imponente. I gruppi ottici superiori includono i fari diurni e gli indicatori di direzione, e sono collegati agli “chevron” con un doppio profilo cromato che si estende per l’intera ampiezza del frontale e sottolinea l’ampiezza del veicolo, mentre quelli inferiori sono inseriti nella calandra seguendone il movimento, per dare a Nuova C5 Aircross uno sguardo moderno ed espressivo. Al posteriore, i gruppi ottici in rilievo, con quattro moduli 3D a LED su ciascun lato del veicolo, creano una firma luminosa inedita, tecnologica e grafica. Immediatamente riconoscibile, attira subito lo sguardo e valorizza la larghezza dell’auto.