Tre 3008DKR già sul podio, manca un solo giorno alla fine. Due di queste sono separate da 5 minuti e 32 secondi. Peterhansel punta sulla tredicesima vittoria, Loeb alla prima. Nessuno dei due può considerare l’altro un nemico, ma è proprio questo privilegio che rende pure le grandi battaglie dello Sport.
Rio Cuarto, Argentina, 13 Gennaio 2017. Comunque sia andata, l’ultimo colpo è in canna. Quasi 9.000 chilometri di Rally e di “malefici” non hanno risolto il rebus della Dakar Paraguay-Bolivia-Argentina 2017. O meglio, hanno separato – come la buona grappa – la testa dalla coda, ponendo le 3008DKR su un piano lontano un quanto dal resto del mondo. Tre Peugeot sono già sul podio in attesa dell’epilogo, tutte le altre vetture sono sul parterre, pronte all’ascolto del concerto finale.
Parlare di sfida finale, di confronto generazionale, di avvicendamento storico è certamente fuori luogo, ma è altrettanto certo che il momento rappresenta uno stacco possibile, o una conferma epocale.
Bruno Famin, il Direttore del Team Peugeot Total, si defila elegantemente dal ruolo che vorrebbero affidargli in quella “Storia” come un’evocazione, o una citazione, e preferisce difendere le sue Creature. Anche per il “Boss” è ora di concentrarsi sul Momentum e mettere un po’ d’ordine senza alcun ordine. Che i suoi Cavalieri si battano seguendo il loro cuore, non ci sono ordini di scuderia. Ma, in ogni caso, che portino le 3008DKR a Buenos Aires, integre. Solo al più giovane dei suoi “soldati”, Cyril Despres, può descrivere il futuro in modo compiuto prima che questo si compia. Garantita l’affidabilità dell’Arma, Despres deve completare la missione, chiudere sul podio e permettere che il record di Peugeot sia perfetto. Tre anni, tre Dakar, la prima vinta lo scorso anno con la 2008DKR, ora Cyril Despres e David Castera possono mandare in scena il remake di un’azione leggendaria dello Sport e far passare tre Peugeot in formazione sotto lo striscione d’arrivo di Buenos Aires. Hanno mezz’’ora di vantaggio su Nani Roma, lo spagnolo che si considera il primo degli “umani” in questo finale di Dakar.
Stephane Peterhansel e Sébastien Loeb affidano al silenzio i loro proclami. Il messaggio trasversale è arrivato e non è possibile modificarne i contenuti o eluderne il significato. I cinque minuti di vantaggio che favoriscono Peterhansel, poi, possono essere una fortezza inespugnabile. D’altra parte nessun fuoriclasse dell’Avventura ha mai sigillato il proprio destino in una busta chiusa preferendo, ogni volta che se ne presenta l’occasione, forzarne o almeno indirizzarne il fine in funzione di un movente. Loeb non è venuto nel Mondo dei Rally-Raid con un compito di routine ma per portare a compimento un’altra missione della sua carriera. È la sua passione, l’unico alfabeto che conosce in un linguaggio digitale monco dello “zero”.
Dunque la matematica non lo favorisce, ma il duello ci sarà. Originerà da un momento chiave, se questo verrà, e tutto sta nell’essere pronti e non farsi superare dagli eventi senza prenderne al volo il controllo.
Questo, in Africa e da nove anni in Sud America, è quello che Stephane Peterhansel ha imparato vincendo due terzi delle Dakar disputate, grosso modo la metà di quelle a cui ha partecipato. Dodici volte. La tredicesima non era in un programma rigido o in una tabella di marcia, ma non era esclusa a priori per nessuna ragione al mondo. L’importante, alla Dakar, è partecipare, concludere il Rally e portare a termine la missione. È quello che sogna chi resta a casa. Chi ha partecipato, chi è riuscito, chi ha vinto e chi sa che la sua voglia è incatenata al piacere incondizionato della vittoria, domani ci metterà quel pizzico di energia in più in modo che il corso delle cose non devii da una logica oggi più che probabile traducendosi, domani, nella necessità di modificare una storia già scritta dodici volte.
Rio Cuarto-Buenos Aires. Alla periferia della Città il crocevia della Storia della Dakar. 60 chilometri di duello da seguire in silenzio. Per una altro record della “Bestia” di Velizy.
Cornaca rally