Sembra che il mondo non possa più andare avanti senza di loro. Nati da un’ispirazione prettamente modaiola, ubriachi di parole come fashion, lifestyle, trend setter e chi più ne ha più ne metta, si sono ricreati un proprio spazio virtuale che per parecchio tempo ha indicato la strada alle nuove tendenze, attirando l’attenzione di stilisti, designer, produttori e, ovviamente, consumatori. Che non hanno certamente perso l’occasione per farsi pubblicità o per sponsorizzare i propri prodotti a… gratis. Beh, a… gratis proprio no! Qualche biglietto d’aereo, qualche camera d’albergo, qualche cadeaux l’hanno dovuto sborsare; anche se, ad onor del vero, queste piccole spese sono delle semplici briciole rispetto al giro di affari (e al ritorno pubblicitario !?! ). Ci sono blogger, infatti, che hanno moltissimi “seguaci”, tutti potenziali clienti per maison e per multinazionali. E se la stragrande maggioranza di loro, per qualche anno, ha creduto nell’utilità commerciale dei blogger, un motivo ci deve pur essere, no? La parola chiave è quindi: “visibilità”! E se poi costa poco, tanto meglio. Parola chiave che vale anche per i blogger il cui unico obiettivo è sempre stato quello di “ tentare diaffermarsi nel mondo che conta”. Come? Indossando vestiti, truccandosi, cucinando e, last bu not least, con l’ultima moda: il selfie. Insomma, è diventata una vera e propria caccia all’idea. Qualche blogger è diventato ricco e famoso, moltissimi si sono persi nei meandri della rete.
L’attività dei blogger, quindi, spinta da un’esigenza frenetica di “sfondare”, si è allargata a macchia d’olio in tutti i settori e, più i settori sono ricchi, più i blog spuntano come funghi. Tutto questo, guarda caso, proprio nel momento in cui qualcuno incomincia a storcere il naso sostenendo che “è anche colpa dei blogger se la moda sta morendo”.
La principale controindicazione? La mancanza di qualità. Troppa carne al fuoco (tra l’altro scadente), troppe voci in capitolo e, soprattutto, troppe stupidaggini scritte, fotografate e filmate, il tutto a discapito dell’informazione obiettiva e trasparente.
Ovviamente anche il settore dell’automobile, da sempre uno dei più “ricchi”, non poteva sfuggire alla “legge del blogger” così, gli uomini del marketing hanno “costretto” gli uomini della comunicazione, a tenere in considerazione (per controllarli!?!) anche i fashion blogger. Da qualche anno, quindi, a fianco di giornalisti ( iscritto all’ordine e obbligati al rispetto della deontologia professionale) e di addetti ai lavori, vengono invitati alle presentazioni stampa (il termine “stampa”, a questo punto, dovrebbe essere sostituito con qualcosa di più appropriato e reale) e durante il test drive (dal quale dovrebbero “uscire” le prime indicazioni e le informazioni da girare ai propri lettori e/o visitatori) capita per esempio di vedere un blogger che, dopo aver fatto diversi chilometro con il freno a mano tirato, si ferma ai bordi della strada per cercare di capire da dove arriva tutto quel fumo e come si sblocca (il freno a mano). E ancora: è capitato anche di vedere un blogger al volante di una macchina super sportiva “affondarla” nella sabbia della splendida Forte dei Marmi; così, giusto per fare il “fico”. Sia chiaro, ognuno è libero di fare o di invitare a casa propria chiunque ma, soprattutto in casi come questi, sembra una mancanza di rispetto nei confronti di chi per anni ha lavorato e (sta lavorando) con dignità professionale. Che magari non sa scattare fotografie o non sa nemmeno che cos’è un selfie, ma sicuramente conosce a fondo le automobili e tutto ciò che ci gira intorno. Non basta saper girare dei video, montarli e fare dei selfie per sentirsi Pedro Aldomovar e per essere considerato un “comunicatore”.
A questo c’è da chiedersi: fino a che punto questa “generazione dei Like”- che i like li compra è attendibile? Fino a che punto è in grado di consigliare quale vettura acquistare, qual è il miglior rapporto qualità-prezzo, quali sono le tecnologie presenti, cos’è la mobilità sostenibile, cosa vuol dire “hybrid” e chi è Sergio Marchionne?
Fino a poco tempo fa la pubblicità veniva considerata un grande condizionamento sull’autonomia professionale di giornalisti e testate, mentre oggi i blogger sono dei cartelloni pubblicitari esposti non sui muri ma sul web, e influenzati dal marketing che se li “compra” regalandogli delle scarpe, dei profumi, dei prodotti estetici, dei vestiti oppure facendogli “provare” una vettura per ..… andare in vacanza .
“E’ la fine del mestiere come l’abbiamo conosciuto” Ha dichiarato Li Edelkoort, considerata tra i 25 personaggi più autorevoli del mondo della moda. Secondo la giornalista e trend-setter, si continuano a formare i giovani come se dovessero diventare stilisti da podio (o piloti di Formula 1 aggiungiamo noi) senza saper insegnare loro la collaborazione e il lavoro di equipe. L’unica ambizione è quella a diventare personaggi, con una collezione o con un blog, o con entrambi. Già… blogger, no blogger; blogger no blogger!
@mredaelli