La piccola e leggera Méhari, con la sua carrozzeria interamente in plastica, fu davvero un’auto versatile e trasformista, tanto da diventarea un’icona leggendaria.
Quando De la Poype immaginò la Méhari, pensò ad una vettura adatta agli utilizzi più svariati, dal divertimento al trasporto di cose o attrezzi da lavoro. Al designer Jean-Louis Barrault aveva dato un unico vincolo: le misure avrebbero dovuto essere quelle della piattaforma AK, su cui era stato sviluppato il piccolo veicolo commerciale Citroën.
Dal progetto uscì la vettura base: una cabriolet a due porte e due o quattro posti sulla cui parte posteriore era possibile ricavare uno spazio per le gambe dei passeggeri posteriori sistemati su un sedile pieghevole che quando non utilizzato formava un piano di carico unico, dal paraurti posteriore sino agli schienali dei sedili anteriori.
Il parabrezza (abbattibile) conteneva gli ancoraggi per due ferri che si univano ad un arco (smontabile) che sormontava i sedili di conducente e passeggero anteriore. Su questa struttura si poteva montare un tettuccio in tela che creava un abitacolo per i passeggeri anteriori. Estendendo il telaio si arrivava a coprire anche i passeggeri posteriori ed il bagagliaio, ottenendo così una berlina a quattro posti.
Nel mezzo, infinite combinazioni con porte in tela o rigide, pannellature laterali in tela o anche carrozzerie in plastica rigida totalmente modulabili, disponibili nei colori della Méhari.
Una vettura per fare tutto, ovunque, con qualunque tempo, con passeggeri o con il solo guidatore, su strada asfaltata, su sterrato o… anche in mancanza di una strada!
La leggerezza della Méhari (poco più di 550 kg in ordine di marcia) le permetteva di superare agevolmente i terreni accidentati. Inoltre gli pneumatici M+S da 135 per 15” della Michelin le consentivano di non insabbiarsi e di uscire facilmente da pantani e terreni con scarsa aderenza. Tuttavia, per certi usi speciali, Citroën pensò fosse opportuno equipaggiarla con una trazione integrale.
La Méhari non era la prima piccola Citroën ad essere dotata di questa soluzione: prima di lei, nel 1958, il Double Chevron produsse la 2CV 4×4, denominata (non ufficialmente) Sahara.
Si trattava di una 2CV molto speciale dove, vista la scarsità di potenza disponibile, Citroën aveva montato due motori, uno anteriore (al posto giusto) ed uno posteriore, in posizione invertita, ovvero con il cambio girato all’indietro, che muoveva le ruote posteriori. Una frizione centrifuga sul motore posteriore permetteva di controllare la trazione sotto ai mille giri al minuto, disinserendo il secondo motore. Il comando dell’acceleratore, quello della frizione e del cambio erano accoppiati e sincronizzati, semplificando la guida al conducente.
Per la Méhari 4×4, Citroën usò un sistema più tradizionale ma non per questo meno sofisticato: data la potenza del motore quasi doppia rispetto a quello della 2CV, fu adottata una trasmissione tradizionale, con un albero collegato al cambio che azionava un differenziale collegato alle due ruote posteriori, equipaggiate con freni a disco analoghi a quelli anteriori.
Il conducente, oltre al normale comando del cambio a 4 rapporti, disponeva del comando che disinseriva la trazione posteriore e di una seconda leva che comandava il riduttore.
Il peso aumentava sensibilmente, sia a causa della trasmissione posteriore sia per le generose piastre di protezione e passava da 550 a 715 kg, mentre quello a pieno carico andava da circa 900 a 1115 kg, con un carico utile di 400 kg.
La presentazione della versione 4×4 della Méhari avvenne a Nimes nel 1979. Al fianco di alcune vetture civili nel loro spettacolare Jaune Atacama, erano presenti delle più discrete Méhari 4×4 in verde militare, pensate per essere impiegate dall’Esercito francese, cui furono contestualmente presentate e rese disponibili anche in versione paracadutabile, fissate su appositi pallet che contenevano tutto l’equipaggiamento necessario.