Componenti in plastica riciclata: un primato Opel

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Milano – Trenta anni fa, nel 1990, Opel rese operativa una nuova iniziativa a favore dell’ambiente che ne fece il primo costruttore del settore ad attuare il riciclaggio delle componenti plastiche. Da allora alcune componenti delle sue automobili – come, ad esempio, paraspruzzi, involucri dei filtri aria e rivestimenti interni dei bagagliai – furono realizzate utilizzando materiali plastici riciclati. Il progetto aveva richiesto sei anni dii studi di fattibilità e sottolineava una volta di più l’impegno della Casa tedesca nel campo della salvaguardia dell’ambiente circostante.

All’epoca gli specialisti avevano calcolato che di lì a qualche anno ci sarebbero state fino a 200.000 tonnellate di rifiuti di materiali sintetici ricavati da vetture demolite. Il riciclaggio dei prodotti chimici con sistemi innocui per l’ambiente diventava pertanto una pratica sempre più importante. In passato Opel aveva già sviluppato e collaudato metodi di riciclaggio. Vecchi materiali sintetici erano riutilizzati nella produzione in serie e verso la fine degli anni ’70 avevano creato un sistema di smistamento dei componenti di materiale sintetico derivati dalle carrozzerie delle vetture da demolire.

Opel fu la prima industria automobilistica a distinguere con sigle internazionali tutti i componenti delle sue vetture fatti con materiale sintetico. Da allora i paraurti, gli involucri delle batterie e del filtro dell’aria portano la sigla ISO “PP” che indica il materiale chimico PoliPropilene. Altre parti di vetture, prodotte con altri materiali, portano anche esse delle sigle: “ABS” per esempio, significa il materiale AcrilnitrilButadienStirolo, “PUR” indica la fibra sintetica PoliURetano. L’uso dei codici si è ora diffuso nel mondo dell’industria automobilistica.

Nuovi componenti per automobili potevano essere ricavati, ad esempio, da vecchi involucri delle batterie realizzati in polipropilene. In collaborazione con aziende specializzate in riciclaggio fu pertanto escogitato un sistema tramite il quale, una volta triturati tali involucri, il granulato ottenuto era mescolato con il materiale ricavato da paraurti anche essi demoliti e triturati. Il granulato così ottenuto possedeva una qualità costante garantita dal produttore e poteva quindi essere trattato come materiale nuovo. Un altro importante vantaggio era rappresentato dal fatto che non servivano nuovi attrezzi o macchine per formare e costruire i prodotti di riciclaggio. Si iniziò così a raccogliere vecchie batterie dalle quali si ricavava il piombo degli elettrodi per la produzione di batterie nuove. Gli involucri erano fino a questo momento sempre rimasti inutilizzati e visti come rifiuto inutile.