Presentata nell’ottobre del 1955, alla fine degli anni ’60 la DS aveva già alle spalle una lunga carriera di successi sportivi ed il totale consenso della stampa automobilistica che non poteva non notare come gli aggiornamenti a cui era stata sottoposta durante i suoi numerosi anni di produzione l’avessero mantenuta fresca e sempre all’avanguardia.
Tuttavia il restyling a cui era stata sottoposta nel 1967, con l’introduzione del nuovo frontale con quattro fari carenati e -l’anno dopo- nuovi motori, non aveva impresso alle vendite quel balzo immaginato dal marketing Citroën.
Intendiamoci, la DS si vendeva molto bene e “trainava” la gamma Citroën, ma la Dea delle automobili sembrava per la prima volta avvertire il peso degli anni.
In realtà il “problema” era diverso, di carattere più psicologico che tecnologico: la DS19 nacque nel 1955 e fu seguita un anno dopo da una seconda versione, la ID19, presentata al Salone di Parigi del ’56.
La nuova nata era una sorta di DS “ridotta”: per prima cosa, costava meno. Poi era priva di molte delle finiture di lusso della DS: aveva maniglie interne in plastica, il tetto era in vetroresina naturale, i panelli delle porte erano semplificati, montava motori meno potenti ed era priva di assistenza idraulica a volante, cambio, frizione e freni che erano di tipo tradizionale.
La ID19 proseguì la sua carriera al fianco della DS: il suo prezzo più allettante ne favoriva le vendite che superarono spesso quelle della sorella più “ricca”. Negli anni ’50 (e fino al modello ’63) la ID19 fu la risposta a chi chiedeva una trasmissione meccanica in luogo della semiautomatica di serie sulla DS19, poi anche su questa arrivò l’opzione del cambio tradizionale ed i numeri si equlibrarono.
Su alcuni mercati, tuttavia, la ID19 fu “avvicinata” per finiture e dotazioni alla DS, in particolar modo in Italia, dove l’allora direttore generale Gerard Vion arrivò a chiedere una ID19 con la stessa meccanica della DS19: la IDSuper, lanciata nel ’66 con grandissimo successo in un mercato, il nostro, che mal digeriva gli automatismi sulla trasmissione e che amava invece il controllo del conducente su cambio e frizione.
L’anno successivo la ID Super divenne la ID20 ed affiancò la ID19 a livello internazionale, ma la gamma rimase divisa tra ID e DS ancora per due anni, finché nel 1969, l’ex direttore generale di Citroën Italia fu richiamato a Parigi nella nuova veste di direttore marketing globale, con particolare riferimento ai modelli ID e DS, per i quali tanto aveva fatto in Italia.
Veterano del lancio della DS19 a Parigi nel ’55, mentre tutti pensavano fosse giunto il momento di staccare la spina alla linea di montaggio della DS, Vion elaborò un piano semplice quanto efficace: chiese al centro stile di modificare l’aspetto delle ID, rendendole (come aveva fatto in Italia nel ’63) più vicine alle sorelle DS: tetto verniciato, per incominciare e finiture simili alle DS Confort. Poi chiese una plancia unica per ID e DS ed infine fece cancellare dai depliant la denominazione ID: la ID19 divenne la DSpécial, la ID20 diventò la DSuper, poi cancellò la DS19 in favore della DS20 che precedeva nella gamma l’ammiraglia DS21.
La Francia fu tappezzata da enormi pannelli pubblicitari che dicevano “non c’è che una DS”, sottolineando che l’ID, la “DS dei poveri”, come la chiamavano in Francia, era scomparsa dai listini e dai saloni. Nessuno (tranne Vion) l’avrebbe detto, ma il successo fu travolgente. Ancora oggi, Gerard Vion ricordando quell’episodio sorride dicendo “gli operai mi odiavano: per colpa mia la fabbrica di Javel si trovò a lavorare su tre turni giornalieri di otto ore ciascuno!”.
La lunga carriera della gamma DS, che ormai si chiamava semplicemente “Gamma D”, trovò quello slancio atteso due anni prima, uno slancio che non perse di vigore per i sei anni successivi, fino a quel 24 aprile del 1975 che vide l’uscita dalle catene di montaggio dell’ultima DS berlina: la crisi petrolifera e la psicosi collettiva sull’esaurimento del petrolio, ritenuto imminente, unite ai limiti di velocità imposti sulle autostrade, posero fuori dai giochi le grosse berline DS e le veloci coupé SM, così come analoghi modelli di altre marche.
Un’era si chiudeva, un’altra iniziava.