Nelle ore in cui l’Italia pensa che per ripartire ci si può affidare a percorsi ciclabili dipinti sulle carreggiate delle vie delle grandi città, la Francia vara un maxi-piano da 8 miliardi per la mobilità, che punta a rivoluzionare il settore, senza escludere nessuno a priori. Si tratta solo dell’inizio, perché a breve seguirà una manovra analoga, e probabilmente ancora più incisiva, della Germania. In questo panorama i nostri politici danno l’impressione di stare ancora una volta a guardare, convinti che il dopo Covid-19 possa rappresentare l’occasione per dare libero sfogo a scelte dettate dalle ideologie.
Il caso di Milano, dove la viabilità è stata stravolta in modo quantomeno bizzarro, apre un discutibile precedente, che potrebbe essere seguito da altre metropoli. L’argomento ha rappresentato il punto di partenza per il secondo incontro del 2020 di #FORUMAutoMotive, dal titolo “Mobilità e Fase 2, se l’ideologia detta legge”. Come quello inaugurale dello scorso 27 aprile, anche questo è stato realizzato in configurazione webinar, con diretta Facebook dagli studi di SafeDrive.
Alla presenza in studio di Pierluigi Bonora, giornalista e promotore di #FORUMAutoMotive, e di Geronimo La Russa, presidente di Automobile Club Milano, si è aggiunta quella di Gaetano Thorel, amministratore delegato di Groupe Psa Italia, mentre tutti gli interventi, che hanno coinvolto amministratori, ambientalisti e addetti ai lavori, sono stati gestiti online.
“La nuova viabilità, con restringimento delle carreggiate, riduzione dei parcheggi e piste ciclabili promiscue e non dedicate – ha esordito Bonora – hanno da subito mostrato di mettere in crisi gli spostamenti. Il traffico è già in affanno, e siamo solo al 30 per cento rispetto ai volumi standard, che cosa succederà a settembre?”
Secondo La Russa, che dall’ufficio di Aci Milano proprio in corso Venezia, ha una vista privilegiata sul tracciato interessato dall’intervento, “ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale, perché sicuramente cambierà il modo di muoversi in città, ma occorre trovare un punto di equilibrio. Non certo con soluzioni realizzate frettolosamente, senza uno studio e in deroga al Codice della Strada. Nessuno critica i percorsi ciclabili, ma devono essere corsie vere, protette e non promiscue. E soprattutto devono essere realizzate di pari passo con la crescita del trasporto pubblico, come avveniva in passato”.
Simile è la posizione di Simonpaolo Buongiardino, presidente di Federmotorizzazione e Assomobilità, che vede nel drastico rallentamento della velocità del traffico un pericolo per tutti, compresi i commercianti. “Più che queste improbabili piste ciclabili, avrei visto meglio l’introduzione di zone con velocità limitata a 30 orari per tutti, che consentono la coabitazione dei flussi. Ma c’è un altro aspetto da sottolineare, il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha aperto ai ciclisti, ma si è dimenticato di informarli che anche loro sono tenuti a rispettare il Codice della Strada”.
Diverso, e non potrebbe essere altrimenti, è il punto di vista di Marco Granelli, assessore a Mobilità e Lavori pubblici del Comune di Milano, secondo il quale “la linea di gestione era già stata approvata un anno fa, ma l’epidemia ha accelerato i processi. Tutto nasce dal fatto che se a fine 2019 oltre il 50 per cento degli spostamenti in città avveniva usando il trasporto pubblico, oggi questa percentuale è scesa sotto il 20 per cento. Per questo abbiamo avviato un programma straordinario che ci permetterà di realizzare 35 km di ciclabili, senza togliere posti per il parcheggio; abbiamo solo eliminato quelli irregolari in seconda e terza fila”. Granelli sostiene che il monopattino rappresenti un buono strumento, ma anche di “non avere mai detto di essere contro le auto. Siamo l’unico Comune ad avere investito 7 milioni di euro in incentivi per l’acquisto di nuove auto, e soprattutto approvato una delibera che fissa un piano da qui al 2030, che tra l’altro stabilisce che le recenti motorizzazioni Euro 6 D Temp, diesel comprese, non saranno incluse nei blocchi alla circolazione anche oltre quell’anno”.
Gaetano Thorel, numero uno di Groupe Psa Italia, sottolinea come il piano dello Stati francese da 8 miliardi di euro “parte da una visione, perché il post Covid rappresenta un elemento di discontinuità. L’Italia ha l’opportunità di rinnovare il parco circolante, che è il più vecchio d’Europa, basta un progetto di tre o quattro anni, che non deve essere limitato alle auto nuove, basta includere anche quelle usate più recenti. Il piano potrebbe essere efficace, senza avere un costo per lo Stato, poiché l’auto genera rapidamente entrate per il fisco. Ma bisogna fare attenzione a non focalizzarsi solo sulle auto con la spina”.
Il timore che il modello milanese possa essere trasferito direttamente su Roma è per il momento scongiurato. Lo conferma Giuseppina Fusco, presidente di Automobile Club Roma e della Fondazione Caracciolo: “Nella Capitale la tendenza è quella di potenziare i trasporti pubblici, affiancando i bus turistici. Ma le biciclette a Roma sono usate solo per spostamenti brevi, rappresentano solo tra l’1,5 e il due per cento del totale, in funzione della stagione. Le auto, con le moto, continueranno a rappresentare una quota importante, circa il 58 per cento, e penso che da oggi sia importante intervenire non solo sull’offerta, ma anche sulla domanda. Lo smart working ha la capacità di ridurre sensibilmente la richiesta di mezzi per lo spostamento urbano”.
L’ideologia, secondo Camillo Piazza, presidente di Class Onlus, non conta nulla: “Questo è il momento di sfruttare i 300 milioni che il Governo ha destinato alla mobilità sostenibile. La strada è quella di avere un car sharing e taxi solo a emissioni zero”.
Edoardo Dubini, promotore di muoverMi, si è concentrato su Milano, dove “le ultime due giunte hanno contribuito a incrementare il traffico nonostante la riduzione delle auto in circolazione. E si dimentica che chi non cambia l’auto, di norma lo fa perché non ne ha le possibilità economiche”.
“Il mondo delle due ruote – è il commento di Pier Francesco Caliari, direttore generale di Confindustria Ancma – è contento a metà. C’è eccitazione per le bici, ma nessuna attenzione per due ruote a motore. Tutte le due ruote sono la soluzione ai problemi in termini di traffico, inquinamento e spazio, tuttavia per arrivare a nuova visione mobilità serve cambiamento culturale, perché il futuro non sarà di un solo veicolo o di un servizio, sarà l’intermodalità. Un passo fondamentale da rispettare sarà quello di spiegare i motivi dei cambiamenti, senza imporli, per non generare uno scontro. E personalmente penso che in città lo scooter elettrico sarà sicuramente vincente”.
La burocrazia, per Antonio Bobbio Pallavicini, presidente del Dipartimento Mobilità e Trasporti di Anci Lombardia e vicesindaco di Pavia, è in buona parte causa delle difficoltà di questo momento di ripartenza. “L’ideologia un po’ pesa, la politica ha retaggi culturali, però è necessario sottolineare come comparto dell’auto abbia bisogno di una spinta molto significativa, perché è impensabile che nel prossimo futuro non si possa usare il mezzo su quattro ruote. Auspico che si riesca ad andare oltre le convinzioni personali per muoverci tutti sullo stesso piano, visto che servono fondamenti scientifici certi”.
Uno tra gli anelli più deboli della catena è oggi il trasporto locale, e ne è ben consapevole Claudio Lubatti, rappresentante di Anci all’Osservatorio ministeriale nazionale del trasporto pubblico locale. “Siamo in una fase di ripartenza con nuove abitudini, e dobbiamo fare i conti con la riduzione dei posti, ma anche con la diffidenza nei confronti del mezzo pubblico. Ora la domanda è bassa, e bisognerà osservare le prossime settimane per capire che cosa succederà. In ogni caso sono convinto che serva la massima coesione tra i vari soggetti della mobilità. Non ci possiamo permettere posizioni differenti”.