Diverse figure hanno segnato la storia dell’automobile e tra di loro c’è quella, monumentale, dell’ingegnere tedesco Rudolf Diesel, padre del motore animato dal ciclo Diesel.
Mentre Barsanti in Italia metteva a punto i primi motori a combustione interna ed il professor Otto in Germania l’omonimo ciclo, c’era chi studiava un motore più semplice, che potesse far a meno del dispositivo di accensione elettrica della miscela, sfruttando l’attrito tra le molecole per generare un’energia sufficiente a provocare lo scoppio. Rudolf Diesel era tra questi.
Nato a Parigi nel 1858 da genitori tedeschi, nel 1870 fu costretto a trasferirsi in Inghilterra, dove la sua famiglia trovò asilo politico durante la guerra franco-prussiana. Completò gli studi in Germania, dove si laureò in ingegneria a Monaco di Baviera, ma subito dopo si trasferì in Svizzera per poi tornare nell’amata Francia, a Parigi, per svolgere la professione di ingegnere della refrigerazione e dove nel 1883 si sposò ed ebbe tre figli.
Li, tra le sue amicizie con gli artisti della Rive Gauche e i suoi studi sul socialismo, ebbe modo di fondare la sua prima officina-laboratorio dove mise a punto le idee per un motore completamente nuovo. Tornato a Berlino, lo brevettò e pubblicò uno studio, intitolandolo in modo di non lasciare dubbi sull’importanza della sua invenzione: “Teoria e costruzione di un motore termico razionale, destinato a soppiantare la macchina a vapore e le altre macchine a combustione finora conosciute”.
Tra il 1898 e l’alba del ‘900, il mondo ebbe modo di capire l’importanza dell’invenzione di Rudolf Diesel: il suo motore, lavorando con un rapporto di compressione circa venti volte superiore a quello a ciclo Otto, arrivava a determinare la fase di scoppio per semplice surriscaldamento della miscela, determinato dalla compressione stessa. Per avviarlo, bastava scaldare la camera di scoppio e far partire il volano. Per fermarlo, si bloccava l’afflusso del combustibile.
Un motore così, non aveva problemi a bruciare combustibili meno nobili della benzina, funzionando altrettanto bene con la nafta o con l’olio pesante.
Il motore a ciclo Diesel non partecipò alla prima corsa alla motorizzazione di massa che si disputò tra motore a benzina a ciclo Otto e motore elettrico, poi vinta dal primo. Il motivo sta nel fatto che il motore di Rudolf Diesel, per esigenze meccaniche, doveva essere molto più pesante di quello a ciclo otto e così risultò inadatto alle automobili dell’epoca che somigliavano più a carrozze che alle future autovetture. Ma ben presto tutti i veicoli che dovevano funzionare a lungo, senza problemi e con combustibili economici non potevano fare a meno del motore di Rudolf Diesel che equipaggiò le navi (dai pescherecci ai transatlantici),5 locomotive e… trattori agricoli di tutto il mondo.
Diesel scomparve nel 1913, proprio quando un altro genio dell’industrializzazione stava iniziando ad applicare i principi del taylorismo all’industria automobilistica: André Citroën, da poco Direttore Generale alle industrie dei fratelli Mors e che dopo la guerra avrebbe motorizzato la Francia e l’Europa.
Il progresso, spinto anche dagli eventi bellici della Prima Guerra mondiale, portò avanti la tecnologia del motore Diesel al punto che già nel primo dopoguerra divennero disponibili i primi motori “Diesel veloce” (ovvero a rapida rotazione) che avrebbero potuto finalmente equipaggiare le automobili.
La storia del motore diesel Citroën
Alla Societé Anonyme André Citroën, durante gli anni ‘20, era già iniziata la sperimentazione di altri tipi di propulsore, alternativi a quelli in produzione in quel periodo. Il motore Diesel non passò inosservato, anche perché l’azienda affiancava alla produzione di autovetture anche quella di veicoli commerciali e, negli anni, anche quella di camion per trasporti pesanti, tutti dotati di motori a benzina di progetto Citroën. Se non stupisce l’uso di grossi motori Citroën a ciclo Diesel su grandi camion o autobus, quello che è un autentico primato è l’uso di questo di questo motore su una vettura e sul veicolo commerciale leggero da questa derivata: nel 1936 Citroën presentava al mondo la sua versione Diesel della 11U (intesa come Utilitaire, ovvero veicolo commerciale), come il veicolo commerciale dai costi più bassi del mercato! Il motore riscosse un giudizio molto positivo da parte degli utilizzatori, come dimostrò un sondaggio di opinioni effettuato nel 1937.
I tempi non erano maturi: la benzina costava poco più del gasolio ed era disponibile in quantità, mentre il ciclo Diesel rispetto al ciclo Otto risultava più rumoroso e vibrante. Il progetto fu accantonato.
Mentre proseguiva con successo la produzione dei grossi Diesel su camion come il T45D (1933), da quarantacinque quintali, dopo la parentesi della Seconda Guerra mondiale Citroën sviluppò ulteriormente la sua tecnica per motori sempre più potenti, dedicati anche a mezzi da cantiere ed a trazione integrale.
Mentre il furgone Type H ebbe versioni Diesel equipaggiate con motori prodotti da terze parti, quali Perkins e Indenor, bisogna aspettare fino al 1974 per vedere un nuovo motore Citroën diesel di piccola cilindrata. È frutto del lavoro di Walter Becchia, il progettista dei motori delle 2CV e di quelli delle ultime DS. Proprio da uno di questi, forse il più famoso, quello della DS21, deriva il primo motore Diesel moderno di Citroën, quello che equipaggia il furgone C35 (35 quintali), progettato da Citroën e destinato ad essere venduto anche sul mercato italiano. Il veicolo conobbe un successo straordinario sia di qua che di là delle alpi: in Italia fu venduto con il marchio FIAT e battezzato 242, in Francia (e nel resto d’Europa) si chiamò Citroën C35. Disponibile anche con motore a benzina, sempre di derivazione DS, da 2 litri di cubatura o Diesel da 2175cc, rimase in produzione sino al 1991.
Se gli studi effettuati per la produzione di una versione Diesel della DS non portarono ad una nuova motorizzazione della Dea, a Citroën non sfuggì la possibilità di impiegare gli stessi studi per la futura CX, il cui lancio avvenne nel 1974, lo stesso anno del C35, ma all’inizio erano previste solo versioni a benzina, di 2 e 2,2 litri che impiegavano una versione modificata (nel senso di rotazione) dei motori della DS20 e della DS21.
Ma la crisi petrolifera incombeva, la stessa che determinò, nell’aprile del 1975, l’annuncio della fine della produzione delle DS e delle SM a motore Maserati, ormai divenute difficili da vendere, anche in Paesi ricchi come gli Stati Uniti, dove i distributori erano aperti – sempre a causa della crisi petrolifera – solo un giorno alla settimana.
Il futuro sembrava appartenere alle piccole auto e la stessa 2CV conobbe una seconda giovinezza, grazie ai suoi consumi eccezionalmente bassi. Citroën, con le molte bicilindriche che in quegli anni componevano la sua gamma, tra 2CV, Dyane, Mehari e AMI8, avrebbe potuto vivere di rendita, ma sembrò ovvio ai tecnici del suo celebre Bureau d’Etude, disponendo del motore Diesel sperimentato sul C35, tentare di realizzare una versione Diesel della nuova ammiraglia, la CX, vettura nata per inserirsi nella gamma tra la GS e la DS e che si ritrovò di colpo a rimpiazzare quest’ultima nel ruolo di grande stradista francese.
La CX Diesel fu presentata nel 1975 e disponeva di un motore simile a quello del C35 ma derivato dal 2175 della CX2200, il costo di gestione della nuova vettura era incredibilmente più basso di quello della CX a benzina: circa la metà! Restavano invariate invece le doti di comfort, spaziosità e l’innovativa architettura della vettura che, rispetto alla versione a benzina, perdeva logicamente qualcosa in termini di accelerazione e velocità massima (145 contro 179 km/h della CX2200 a benzina). Ma nel frattempo erano scattati i limiti di velocità, imposti per ridurre il consumo di combustibili e per limitare il numero di incidenti. Anche sulle veloci autostrade francesi non si potevano superare i 130km/h e così i 145km/h della CX Diesel garantivano un valido margine per i sorpassi e la velocità di crociera di 120/130 chilometri orari era perfetta per contenere i consumi.
Il primo salto tecnologico del Diesel Citroën avvenne pochi anni dopo, col motore che passava a 2500 centimetri cubi di cilindrata, la potenza da 66 a 75 cavalli e la velocità massima da 145 a 156km/h.
Nel 1978, la CX 2500 Diesel è un’auto matura, affidabile e inarrestabile che conquista il cuore dei grandi stradisti europei: agenti di commercio, professionisti e tutti coloro che percorrono tanti chilometri ogni giorno trovano in lei un’alleata formidabile.
Per la prima volta nella storia delle grandi Citroën, le vendite della versione Diesel superano quelle della versione a benzina!
Ancora pochi anni e nel 1983 la CX diventa l’auto Diesel più veloce del mondo! Il motore è ancora il 2.5 litri ma è assistito da un turbo che porta la sua potenza da 75 a 95 cavalli, abbassando il regime di potenza massima a 3700 giri, a tutto vantaggio della fluidità e dell’elasticità.
Gradevolissima e progressiva (a differenza delle altre Turbo dell’epoca) la CX25 Turbo D, con suoi 176km/h di velocità massima, diventa la best-seller della Marca ed uno strumento di lavoro irrinunciabile per tutti coloro che si occupano di trasporti veloci, come per esempio i corrieri che si occupavano della consegna dei giornali, che partivano alle 4 del mattino dalle sedi dei grandi quotidiani e si fermavano solo alle dieci del mattino, dopo aver percorso anche sei o settecento chilometri a velocità altissime, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche.
Il motore Diesel Citroën della CX conobbe un ulteriore incremento di potenza nel 1987, quando la sigla del modello divenne CX25 TRD (o RD) Turbo 2 e venne aggiunto uno scambiatore di calore che partecipava al recupero dell’energia portando la potenza da 95 a ben 120 cavalli, a parità di consumi e di cilindrata. Autentico missile su strada, la nuova CX sfiorava i 200 orari, confermando la supremazia sulla concorrenza. La pubblicità mostrava una CX sparata fuori dalla canna di una pistola, sotto lo slogan recitava “Taci, benzina!”.
Alla fine, specialmente in Italia, per ogni 10 CX vendute, otto erano versioni Diesel e questo la dice lunga sul successo di questa motorizzazione.
Nel 1989, la XM raccolse il testimone della CX, offrendo (a partire dal 1990) un inedito motore Turbo Diesel con distribuzione a tre valvole per cilindro. L’XM Turbo D12 (sigla che indica il numero delle valvole) disponeva di propulsore “pulito”, caratterizzato da un livello di emissioni particolarmente basso ed una fluidità di funzionamento davvero rimarchevole.
Ma il salto generazionale successivo fu forse ancor più straordinario: l’arrivo nel 1998 del motore Diesel Citroën con tecnologia Hdi, con iniezione diretta ad alta pressione che grazie ad una nuova rampa di iniezione permanentemente sotto pressione, rinunciava al tradizionale sistema iniettore-pompa. La potenza cresceva ulteriormente, come la coppia disponibile, mentre i consumi scendevano drasticamente: montato su Xantia e Xsara (berlina, break o Picasso), ha rappresentato una vera svolta verso gli attuali propulsori Diesel.
Un’altra innovazione tecnologica apportata sui motori Diesel è rappresentata dal Motore Ibrido Diesel-Elettrico Hybrid 4×4, in grado di abbinare le prestazioni su strada del motore Diesel all’efficienza della propulsione elettrica. Introdotto nel 2011 su Citroën DS 5 Hybrid 4, garantiva sensazioni di guida energizzanti (200 CV, 4 ruote motrici, guida elettrica su percorso urbano, funzione boost in accelerazione), emissioni di CO2 molto basse (90 g/km) e un consumo di 3,5 l/100 km, ridotto a 3 l/100 km con un utilizzo urbano.
I motori diesel moderni BlueHDi delle vetture Citroën
Oggi la gamma dei motori diesel delle vetture Citroën (in parte utilizzati anche su alcuni veicoli commerciali) è composta dai BlueHDi, da 1.499 a 1.997 cm3 di cilindrata, con potenze da 120 fino a 180 cavalli. Si tratta di motori efficienti e performanti di ultimissima generazione, a iniezione diretta ad alta pressione, tutti con Stop&Start, ideali per i tragitti quotidiani e per le lunghe percorrenze. Abbinati al cambio manuale a 5 o 6 rapporti oppure al cambio automatico EAT6 o EAT8, offrono un piacere di guida di alto livello, prestazioni eccezionali e consumi ridotti.
Particolare attenzione è stata posta dai tecnici per rendere questi motori sempre più compatibile con l’ambiente, in linea con le normative antinquinamento sulle emissioni di CO2. Tutti i motori diesel BlueHDi rispondono infatti alla normativa Euro 6.2.
Il più diffuso è il 1.5 BlueHDi S&S, motore compatto, di ultima generazione, Turbo Diesel Common Rail, con 4 cilindri, utilizzato in diversi segmenti e disponibile con varie potenze, da 100, 120 e 130 cavalli. Rappresenta il fiore all’occhiello dei motori diesel perché offre ottime prestazioni e grande piacere di guida ma soprattutto è estremamente efficiente e parsimonioso. Adotta infatti un sistema antinquinamento che riduce notevolmente le emissioni di CO2 e i fattori inquinanti e di conseguenza limita anche i consumi.